In altri termini, ma condividendo appieno l’idea di fondo, ho scritto anche io in merito a quello che io chiamo “il supermercato delle lingue” (http://torredibabel.com/2011/09/26/il-supermercato-delle-lingue/) dove chiunque si (s)vende al “miglior offerente”. Malgrado la mia laurea e la mia esperienza presso una multinazionale mi trovo anche io a fare i conti con quell’umiltà di cui parla. Anche se la gentilezza è spesso scavalcata dalla netta sensazione che a chiedere 9 cent a parola o 500 euro a giornata di interpretazione ci si tagli automaticamente fuori da un mercato in cui non necessariamente l’ “etichetta” – per riprendere la sua metafora sul vino – conta. Quando lavoravo per un noto colosso dell’e-commerce, dovevo giustificare OGNI GIORNO le mie scelte traduttive di fronte a degli interlocutori che non parlavano una parola di italiano ma che controllavano le mie traduzioni su google translator. I miei colleghi non avevano nessuna nozione di traduzione ma lavoravano con testi letti ogni giorno da milioni di persone (e mai ricontrollati).
Come una formichina ostinata io, però, a costo di andare (per ora, spero) in rosso, continuo a proporre delle tariffe che, a mio dire, rispettano me, il cliente e i colleghi. Quanti lo capiranno?
Di: Giulia
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